domenica 14 febbraio 2010

Cure palliative e terapie del dolore

Presentazione
Il Senato ha approvato, nella seduta del 27 gennaio, il disegno di legge n. 1771 sulle «Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore».
Tra le misure previste, l'obbligo per i medici di monitorare il dolore di ogni paziente ricoverato e la valutazione dovrà essere inserita nella cartella clinica.
Le Cure palliative, destinate ai malati terminali, con le nuove regole, diventano un diritto per tutti e la prescrizione dei farmaci antidolore diventa più semplice, non ci sarà più bisogno di ricettario speciale, ma solo l'obbligo per il farmacista di conservare la ricetta.
Le tariffe delle cure palliative nelle strutture pubbliche e convenzionate, che oggi variano notevolmente da regione a regione, dovranno essere omogenee su tutto il territorio nazionale.
Il disegno di legge intende tutelare e garantire l'accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore da parte del malato, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza.
Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapie del dolore devono assicurare un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei princìpi fondamentali della tutela della dignità e dell'autonomia del malato, senza alcuna discriminazione; della tutela e promozione della qualità della vita in ogni fase della malattia, in particolare in quella terminale, e di un adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia.
Il Ministero della salute promuove nel triennio 2010- 2012 la realizzazione di campagne istituzionali di comunicazione destinate a informare i cittadini sulle modalità e sui criteri di accesso alle prestazioni e ai programmi di assistenza in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative, anche attraverso il coinvolgimento e la collaborazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, delle farmacie pubbliche e private nonché delle organizzazioni private senza scopo di lucro impegnate nella tutela dei diritti in ambito sanitario ovvero operanti sul territorio nella lotta contro il dolore e nell’assistenza nel settore delle cure palliative.
Con accordo stipulato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sono individuate le figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l’età pediatrica, con particolare riferimento ai medici di medicina generale e ai medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute essenziali.
Inoltre, sono definiti i requisiti minimi e le modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore domiciliari.
Presso il Ministero della salute è attivato, eventualmente anche attraverso l’istituzione di una commissione nazionale il monitoraggio per le cure palliative e per la terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative.
Il Ministero provvede a monitorare, in particolare:
a) i dati relativi alla prescrizione e all’utilizzazione di farmaci nella terapia del dolore, e in particolare dei farmaci analgesici oppiacei;
b) lo sviluppo delle due reti, con particolare riferimento alla verifica del rispetto degli indicatori e dei criteri nazionali previsti dalla normativa vigente;
c) lo stato di avanzamento delle due reti, anche con riferimento al livello di integrazione delle strutture che ne fanno parte;
d) le prestazioni erogate e gli esiti delle stesse, anche attraverso l’analisi qualitativa e quantitativa dell’attività delle strutture delle due reti;
e) le attività di formazione a livello nazionale e regionale;
f) le campagne di informazione a livello nazionale e regionale;
g) le attività di ricerca;
h) gli aspetti economici relativi alla realizzazione e allo sviluppo delle due reti.
Fonte: Senato della Repubblica

Il monitoraggio della salute degli europei

Gli uomini fumano meno ma ingrassano, le donne sono stabili nel peso e nel consumo di sigarette. In entrambi i casi la pressione arteriosa è in discesa. Questi, in sintesi, i risultati preliminari ricavati dall'attività dell'Oec (Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare) sulla base di un studio nato dalla collaborazione tra l'Istituto Superiore di Sanità e l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco).
I dati, relativi a circa 2 mila italiani, sono stati raccolti dall'Iss in 7 regioni negli ultimi due anni e con questi numeri il nostro Paese parteciperà al progetto europeo Ehes-Ja (European Health Examination Survey-Joint Action), con altri 14 Stati, per fotografare i fattori di rischio di malattie cardiovascolari nel Vecchio continente.
Patologie che provocano ancora oggi il 40% delle morti fra gli europei. Una precedente indagine dell'Oec era stata condotta tra il 1998 e il 2002, su un campione di circa 10 mila italiani e italiane di età compresa fra i 35 e i 74 anni.
Nel 2008 è stata avviata una nuova ricerca, includendo più esami e raccogliendo così maggior informazioni sulle malattie croniche. Le due indagini consentono oggi di descrivere l'andamento nel tempo dei maggiori fattori di rischio per la salute della popolazione italiana. "Si tratta di osservazioni preliminari - ha sottolineato Simona Giampaoli del Centro nazionale di epidemiologia - perché manca ancora la metà delle regioni che saranno coinvolte nell'indagine, che vanterà un totale di 9.020 persone arruolate nelle rilevazioni. Allo stato attuale ci possono aiutare a capire se sta cambiando qualcosa".

I dati raccolti rappresenteranno, secondo gli intervenuti, una base importante per pianificare le future politiche per la salute nell'ottica della prevenzione. "E' importante che le indagini nei vari Paesi si svolgano in modo omogeneo - ha sottolineato Susanna Conti, direttore dell'Ufficio di Statistica dell'Iss - al fine di poter effettuare correttamente dei confronti. L'Iss agisce nell'ambito del Centro di Coordinamento Europeo contribuendo alla preparazione dei manuali e dei corsi di formazione.
Inoltre ci stiamo occupando - ha aggiunto Conti - della confidenzialità dei dati sullo stato di salute e dell'importanza del consenso informato".

Al momento attuale, l'Italia ha concluso le operazioni di screening in nove Regioni (Friuli, Molise, Emilia Romagna, Sicilia, Sardegna, Basilicata, Calabria, Lazio e Piemonte). L'obiettivo è di arrivare al completamento della prima fase dell'indagine nella maggior parte dei Paesi entro la fine del 2011.

Un vaccino contro il cancro della prostata e del rene

Un vaccino terapeutico e non preventivo contro il cancro della prostata e del rene, in grado di sollecitare le cellule immunitarie perché riconoscano e vadano a colpire quelle cancerogene: è il frutto di alcuni anni di ricerca che viene sperimentato all'ospedale universitario San Martino di Genova.
Sarà somministrato con iniezioni intradermiche in cicli di 60 giorni per due anni a 20 pazienti per volta, tutti al quarto stadio della malattia, 10 affetti da carcinoma alla prostata (43 mila casi l'anno in Italia, 9000
decessi) e 10 al rene (4000 nuove diagnosi l'anno). A seconda dei risultati, il farmaco potrebbe essere esteso ad altri tipi di tumore.

Due anni di studio hanno portato al nuovo vaccino, riconosciuto e approvato dall'Istituto Superiore di Sanità, che si fonda sull'impiego di frammenti della molecola telomerasi e ha l'obiettivo di "insegnare" ai linfociti dei pazienti a riconoscere e uccidere la molecola delle cellule tumorali. La sperimentazione sul primo paziente è iniziata una settimana fa senza alcun rigetto della terapia. Presto saranno trattati dieci malati di tumore alla prostata e dieci di tumore al rene.

L’ospedale non è un carcere

Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità ed oncologo di fama, ribadisce sulle pagine della Stampa la necessità di ristrutturare l'intero sistema sanitario nazionale e di creare una rete che abbia il suo centro nei pazienti.
Ieri a Milano durante l'inaugurazione del nuovo polo dello Ieo, Istituto europeo di Oncologia, Veronesi ha riproposto il suo progetto di umanizzazione delle corsie.
«I diritti della persona sono cresciuti - dice il professore - ma quelli dei pazienti lo hanno fatto pochissimo. Un paradosso perché chi si trova in ospedale vive già, per via della malattia, in una condizione di grande disagio. Penso agli orari di visita, di distribuzione dei pasti, al cibo, e al numero di letti per stanza. Chi è ricoverato, in qualsiasi momento della giornata, deve poter contare sulla presenza dei propri cari, i soli capaci di confortare e dare affetto in un momento tanto critico. Cenare alle sei di sera ha senso solo per consentire ai medici di tornare a casa. Ma così si perde di vista il paziente che, a quell'ora, probabilmente, non ha mai mangiato in vita sua.
In ogni stanza dovrebbe starci un solo letto per garantire la privacy.
Lo so che adesso non è così, ma gli ospedali devono comunque sapersi adeguare».